Il Signore degli Anelli

In un buco nella terra viveva uno hobbit. Non era un buco brutto, sudicio e umido, pieno di vermi e intriso di puzza, e nemmeno un buco spoglio, arido e secco, senza niente sicuri sedersi né da mangiare: era un buco hobbit, vale a dire comodo.

Questo celebre inizio è inconfondibile, come il simbolo di una casa di produzione cinematografica avvolta da nubi nere. Non potevo non usare questo incipit per l’argomento che affronteremo. Cercherò di trattare questo tema da fan (come il resto di voi) cercando di non omettere niente ed essere più esaustivo possibile. Penso di avervi già fatto perdere troppo tempo. Buona lettura!

Oggi vorrei parlare di un autore che per anni con il suo genio (a volte incompreso) è riuscito a dividere le opinioni di grandi uomini dell’editoria come Mondadori e l’allora collaboratore della casa editrice, Elio Vittorini. I due, infatti, per molto tempo sono stati di opinioni discordanti sul pubblicare o meno le prime opere di Tolkien. Rifiutato per ben due volte dalla casa editrice milanese (nel 1954 e nel 1962) la sua prima opera La compagnia dell’anello giungerà sugli scaffali delle librerie italiane solo nel 1967 grazie all’intuizione di un editore minore, il romano Mario Ubaldini.

Già! Molti di voi avranno intuito, il padre di un genere che in quegli anni in Italia era ancora sconosciuto è sbarcato nel nostro paese quasi in sordina, nessuna pompa magna. Proposto dalla sua casa editrice inglese Allen & Unwin ai grandi pilastri dell’editoria italiana ha ricevuto battute d’arresto con flebili scuse sulla sua impraticabilità alla pubblicazione, in quanto il grande pubblico in quel preciso momento storico, secondo le loro analisi, desiderava comprare tutt’altro genere.
A mio avviso solo perchè nessuno aveva mai proposto un genere leggero, un genere in cui tutti potessero immedesimarsi, un genere in cui amare il proprio eroe. Un romanzo in cui poter vivere avventure e trovarsi dentro leggende capaci di trasportarti in pochi istanti in un mondo fantastico popolato da creature di ogni tipo, da elfi capaci quasi di sovvertire le sorti di ogni creatura fino ai possenti nani in grado di creare gallerie di immani proporzioni proprio sotto i tuoi piedi.

E in quel momento le loro mani s’incontrarono e si strinsero, ma essi non lo sapevano.
E continuavano ad attendere qualcosa.

Se l’editore romano ha il primato della scoperta, però neanche qui possiamo chiudere con un lieto fine, infatti nemmeno Ubaldini riesce a dare il giusto lustro al padre di un genere appena nato. Tolkien infatti deve aspettare altri tre anni per conoscere la gloria nel nostro bel Paese, grazie all’edizione di Edilio Rusconi, l’innovativa casa editrice si impone con abili mosse oscure a gran parte dei suoi competitor. Ascoltare il proprio autore.
Non vi prendo in giro, ma è la sacrosanta verità, Rusconi segue alla lettera le istruzioni impartitegli da Tolkien stesso, ad esempio far uscire in un unico volume quello che sarà il suo masterpiece. Il “lieto fine” dopo questo walzer di autori che si sono succeduti lo troviamo nella Bompiani che nel 1999 ne acquisisce i diritti e che sotto la saggia guida di Elisabetta Sgarbi trova il suo equilibiro definitivo.

Ma scopriamo le origini di questo grande genio letterario: nato in Africa nel 1892, da genitori inglesi, ritorna dopo soli 3 anni in Inghilterra con la madre e il fratello. Il padre – che non prende parte al viaggio – muore poco dopo in seguito a una malattia che lo tormentava da tempo. I successivi anni inglesi però non portano bene ai Tolkien. A causa delle condizioni economiche in cui versa la famiglia sono costretti non solo a cambiare casa più volte ma anche ad abbandonare la prestigiosa scuola che stava frequentando per una di livello più modesto.
Ma si sa, proprio davanti alle avversità, solo i grandi hanno la forza e il coraggio di rialzarsi: vince infatti una borsa di studio che gli permette di frequentare nuovamente le lezioni della sua vecchia e amata scuola, dove poi completerà gli studi.
La figura della madre e del sacerdote hanno segnato profondamente la cultura e le passioni del giovane Tolkien. È grazie a Morgan che svilupperà un interesse per le lingue classiche, il gotico e il finnico. Ma ancora più importante è l’amore per la madre che lo porta a conservare nel suo cuore e nei meandri della sua mente una passione sconfinata per le leggende e le fiabe. Fra circoli letterari, libri e mondi immaginari trova il tempo anche per coltivare un’amicizia che sfocia in un grande amore per Edith Bratt, ma può esternare tutto questo suo sentimento solo al compimento dei 21 anni.

La coesione di leggende e fiabe porterà il giovane Tolkien a immaginare fin dall’inizio i confini di Arda, purtroppo il suo destino, come quello di molte grandi menti europee è legato a quell’orribile mostro che riesce a spazzare milioni di vite come una leggera brezza marina. La guerra. Arruolato volontario, sposa Edith prima di lasciare Londra, parte per il fronte (nessun corso di addestramento può mai formarti a cosa andrai ad affrontare) e viene subito spedito in trincea, li trovano la morte due dei suoi migliori amici, ma Tolkien dopo sei mesi a causa di una malattia viene rispedito a casa.

Che dire ancora, da qui in poi per lui gli anni successivi sono in discesa, vari titoli arricchiscono la sua già onorevole carriera accademica, la sua vita migliora con la nascita dei suoi tre figli e la quantità di opere prodotte in quegli anni è incalcolabile. Opere che ci hanno catapultati ad Arda con la forza e con la violenza che solo un pugno allo stomaco può fare, ma appena rialziamo la testa ci rimane solo lo stupore puro e vero da bambini.

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