Ieri (25 marzo 2020) è entrata in vigore la Legge Levi, con l’approvazione all’unanimità del Senato. Tante le novità introdotte che avrebbero come scopo la promozione della lettura ma soprattutto la garanzia del pluralismo dell’offerta. Ma molte sono anche le polemiche sulle manovre previste. Ecco cosa prevede la legge punto per punto:
1. Istituzione di un fondo di 4.350.000 euro annui per la diffusione della lettura;
2. Stanziamento di fondi per aiutare e promuovere la lettura nelle biblioteche e nelle scuole;
3. Nomina della “Capitale italiana del libro” sulla base dei progetti presentati dalle città che si candidano per questo titolo;
4. Avvio della “Carta della cultura” del valore di 100 Euro annui con cui lo Stato contribuirà alle spese per l’acquisto di libri da parte delle famiglie economicamente svantaggiate;
5. Abbassamento del massimo di sconto applicabile sui libri dal 15 al 5% (vale per librerie e e-commerce;
6. Istituzione di un Albo delle librerie di qualità;
7. Incentivi fiscali per le librerie;
8. Taglio al bonus cultura: questa decisione sembrerebbe in contraddizione con l’intento della Legge. Il bonus, infatti, da quando è stato istituito ha aiutato migliaia di giovani a comprare libri.
Voglio concentrarmi soprattutto sul punto più controverso, quello che riguarda la scontistica.
I primi a levarsi contro questo limite sono i grandi gruppi editoriali. Questo perché, non potendo più avviare una strategia di sconti più aggressiva, saranno i primi a “risentirne”. La manovra, infatti, dovrebbe favorire i più piccoli, come le librerie indipendenti.
Teoricamente in questo modo anche le librerie più piccole potranno finalmente entrare in competizione con i grandi gruppi soprattutto a livello locale dove sarà maggiormente garantita la tanto sperata pluralità dell’offerta culturale. Insomma, un’editoria che si basa più sulla qualità letteraria che sulle disponibilità economiche.
Sempre in teoria, i lettori, non spinti dagli sconti ad acquistare i libri dai big dell’editoria, potranno godere di un’offerta più democratica e composta da più attori.
Ma per ottenere tutto questo siamo sicuri che la soluzione migliore sia abbassare il limite degli sconti? Non era meglio prevedere dei fondi ad hoc per avviare una competizione più equa? Il dubbio è che, in questo modo, in realtà caleranno gli acquisti, dato che la spesa da sostenere per l’acquisto dei libri sarà maggiore. Si comprerà meno ma meglio?
Probabilmente a ricevere una spinta positiva saranno la lettura in biblioteca e l’usato (in questo caso a giovarne sarebbe anche la salute del pianeta in termini di CO2 immessa e di carta utilizzata).
Proprio a questo proposito, sono positiva verso le altre manovre previste dalla Legge Levi che si muovono verso una maggiore qualificazione della cultura.
Infatti negli altri Paesi europei dove sono già previsti limiti per gli sconti o per i prezzi (Germania, Francia, Inghilterra, Danimarca) le percentuali di lettori sono comunque alte. Questo perché da sempre la loro politica si è mossa in favore di una vera diffusione della lettura con iniziative che intendono “trasformare” ogni cittadino in lettore.
È questa la direzione che si dovrebbe intraprendere anche in Italia!
Resta da chiedersi anche se non fosse il caso, in un momento come questo in cui tutte le librerie sono chiuse, rimandare l’entrata in vigore di una Legge di questo tipo la cui portata potrebbe totalmente rivoluzionare il settore librario (e non sappiamo ancora se in negativo o in positivo).